(Articolo pubblicato su «Arte e Critica», n ° 68, 2011) PDF della versione originale disponible in italiano
In “The world as exhibition” Timothy Mitchell racconta come gli studenti arabi che visitavano le esposizioni universali parigine durante la seconda metà del XIX secolo restavano a bocca aperta di fronte al fenomeno de le spectacle, «luoghi nei quali si offre alle persone la rappresentazione della vista di una città, un paese, o altro» come «il Panorama, il Cosmorama, il Diorama»[1]. Dispositivi dove la conoscenza della realtà passava attraverso la sua spettacolarizzazione visiva. La rappresentazione del paesaggio è uno degli elementi intorno a cui ruotano i collage di Mirko Smerdel.
A partire dall’osservazione e selezione di un archivio personale di immagini, soprattutto cartoline e fotografie private, l’artista costruisce nuovi “panorami”: attraverso un processo di taglio e montaggio minimo di questi frammenti visivi – che ricorda il collage dadaista e il détournement situazionista – immagina un utilizzo utopico dello spazio e del tempo, indizi di avvenimenti privati che, portati in superficie, offrono configurazioni inedite delle microstorie narrate.
E’ utile a questo punto rimandare all’“immaginazione”, intesa da Arjun Appadurai come la forza che permette di ridefinire l’insieme dei flussi (di capitale, informazione e immagini) dati dalla globalizzazione e di rappresentare nuove connessioni di relazioni, di geografie e di temporalità, a partire dall’esperienza quotidiana. Così questi collage non mettono in scena la spettacolarizzazione della realtà, come nei panorami parigini. Rivendicano, invece, l’“infraordinario”, che interroga «l’abituale, il quotidiano, lo spazio delle cose comuni, della vita, di quello che siamo»[2].
Rappresentano i molteplici interstizi delle tante storie che rimangono in basso. Una pluralità che crea fascinazione, la stessa meraviglia che devono aver provato gli studenti arabi, ma qui l’artista sembra suggerire che nell’attuale società, in cui tutto è pensato come possibile e lo straordinario vissuto come ordinario, la novità del reale sta invece nel quotidiano che può diventare spectacle.